Andrea Bajani: L'anniversario (Feltrinelli)
Questo libro crudo e crudele (e purtroppo tanto pieno di verità!) di Bajani andrebbe imposto alla lettura di quei soloni, spesso purtroppo anche con incarichi governativi, i quali, di fronte all' ennesimo caso di femminicidio (sempre più frequenti e crudeli) si inventano presunte "culture straniere minoritarie", alludendo ai soliti emigranti, colpevoli di tutto, nonostante l'evidenza di italianità dei peggiori delitti verso le donne perpetrati in questi anni.
Così come cercano di ridurre la cultura "patriarcale", purtroppo ancora imperante, come una sorta di residuo minoritario e innocuo. "Quello che mia madre viveva era un patriarcato... più vicino a un totalitarismo: mio padre teneva i conti, guidava l'auto, stabiliva le linee dell'educazione di noi figli... e a lei restava la gestione spicciola del cambio letti, cucina e pulizie. Ovvero, lei stava dentro un potere assoluto in cui il marito era la voce, e il braccio, della legge."
Vista nell'ottica corretta, sono molti i meriti di quest'opera di Bajani. A cominciare da una capacità narrativa e letteraria che la sottraggono al rischio, in cui è facile cadere, di una mera elencazione di fatti e accadimenti tipici di queste vicende, ma inadeguata a entrare nell'animo e nella testa di qualunque lettore.
Quando la mamma, per un breve periodo, entrò come cassiera in un supermercato, sembrò che una certa vitalità potesse entrare dentro casa. "Per impossibilità di esprimerlo, però, quell'istinto alla socievolezza divenne per mia madre una sorta di malattia autoimmune. La colpì dall'interno il tessuto nervoso e il suo slancio verso la vita e la fantasia, che era probabilmente l'attitudine più pericolosa visto che poteva offrire altre opzioni di esistenza."
Il lettore avrà modo di incontrare spesso passi simili, espressi in una forma letteraria particolare, la quale ha il duplice merito di penetrare a fondo nell'attenzione del pubblico, così come di dare un ritmo particolare alla sequenza dei fatti raccontati che finiscono per incuriosire e destare sorpresa e curiosità. Ma il merito ancora più grande di questa impegnativa opera di Bajani sta, secondo me, nel disvelamento di un mondo patriarcale, a vari livelli di intensità e espressione che fanno impallidire, per diffusione e casistiche, i pur drammatici e insopportabili casi di femminicidio che salgono all'onore delle cronache, talvolta narrate in forma più romanzata che nella loro essenza sociale e personale.
Lo stesso episodio di amicizia tra la madre e una donna, apparentemente fuori dallo schema patriarcale, sembra fungere, nella logica del romanzo, proprio come espressione di una ulteriore forma del genere, solo attenuta dall'attività lavorativa della donna (e non è poco!). In sostanza il primo, grande allarme che il romanzo ci lancia è: non sottovalutate il pericolo del patriarcato nella nostra realtà. Esso è ben più diffuso e pericoloso di quel che si crede.
Di più, nel caso che essi diventi "totalitario" come nel caso della famiglia in questione, è capace di distruggere alla radice, non solo le vittime prime, la donna per intendersi, ma tutti i componenti della famiglia. Perfino chi, come la sorella del narratore, sembra trovare una modalità di uscita e di sottrazione dal "mostro", è tuttavia costretta a pagare il pegno di una incapacità a vivere in maniera decente il rapporto di fratellanza.
Di fronte alla brutalità di una forma così estrema, da cui non riuscirà mai a guarire del tutto neppure il fratello che abbandona la famiglia, due sono le domande che sorgono quasi naturali. Niente è peggiore dell'assassinio, col femminicidio, di un essere umano. Ma si può parlare di vita per quelle vittime, come la madre in questo caso, che, dal patriarcato del marito "venne colpita a morte e sopravvisse lasciandosi morire"? Sorge allora la seconda domanda. In questo caso, pur subendo una grandissima violenza, talvolta anche fisica, la moglie non subisce l'atto finale del femminicidio. E non lo subisce perché, pur manifestando qualche barlume di autonomia, non arriva mai a praticarla realmente.
Cosa sarebbe successo se, in una occasione, anche sotto la spinta della figlia, la donna avesse davvero manifestato l'intenzione di sottrarsi definitivamente a questo dominio assoluto? La risposta è fin troppo facile. E fa allora sorgere l'ultima, più pesante riflessione. Questo scrittore, secondo me, merita di più che uno Strega, non fosse altro perché ha sicuramente aiutato tutti noi suoi lettori a cogliere la drammatica sproporzione tra la vastità e gravità della presenza di simili manifestazioni di patriarcato (con la continua possibilità di trasformarsi in omicidio!) e il diffuso disinteresse delle istituzioni preposte, quando non manifestano la negazione in radice del problema e la banale riduzione a una casistica minoritaria.
Quando, infine, non arriva a incolpare direttamente le vittime che, col loro comportamento, vestiario, pretese libertine ecc., innescano loro stesse la reazione che solo noi chiamiamo "patriarcale".
Grazie Bajani di averci offerto uno strumento ulteriore per superare fino in fondo, anche noi, questa peste culturale che continua a mietere, giorno per giorno, le sue vittime, senza diminuire il bacino di coltura che tu ci hai mostrato!
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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