Paolo Nori: sanguina ancora, l'incredibile vita di Fёodor Dostoevskij
Quando la letteratura russa iniziò a parlare al popolo
Nei "grandi romanzi di Dostoevskij...c'è una verità che è alla portata di tutti perché con quei romanzi Dostoevskij non ci ha svelato un mistero...ha fatto quel che fanno gli artisti, ha reso visibile il visibile. Ha preso l' imballaggio che avvolge le nostre giornate, i nostri gesti quotidiani, e ha tolto le nostre giornate, i nostri gesti quotidiani, dall'imballaggio che li avvolgeva, e noi, adesso, li vediamo. Vediamo le nostre giornate, i nostri gesti quotidiani...se facciamo lo sforzo di mettere la testa dentro uno dei grandi libri che Dostoevskij scrive dopo l'esilio, dentro quel libro vediamo i nostri dubbi, le nostre verità, le nostre paure" Ancora una volta Nori ci regala un romanzo/biografia come piace farlo a lui, su uno dei massimi scrittori dell'ottocento russo, che è anche uno dei massimi scrittori della letteratura in assoluto. E lo fa accompagnando il lettore in uno escursus che non si accontenta di parlarci di lui, di un tipo come Dostoevskij, ma ce lo raffigura in un più generale contesto di storia e di storie che ne accrescono ancora di più il lato umano e le qualità di scrittore. Partendo anzitutto dal mostrarci come, prima dei giganti della letteratura russa rappresentati, appunto, da lui, da Tolstoj, da Bulgakov e via via tutti gli altri, c'erano solo, pochi grandi scrittoi, Puškin e Gogol anzitutto, che aprirono la strada a quello che, nell' 800, sarà il secolo che lascerà un'impronta enorme nella storia letteraria moderna e contemporanea. Naturalmente Nori, da grande conoscitore della Russia, oltre che della sua letteratura, non manca di farci entrare nell'atmosfera e nel contesto sociale in cui matura lo sviluppo del grande scrittore, anch'egli entrato, giovanissimo, in uno dei circoli rivoluzionari che non sopportavano più le arretratezze (ci sono ancora i servi della gleba) e i forti limiti allo sviluppo sia agrario che industriale, quando in tutta Europa, a cominciare dall'Inghilterra, si avvia l'epoca delle macchine e della rivoluzione industriale. Così anche Dostoevskij passerà un brutto momento con l'arresto e la condanna a morte, che, come è noto, eviterà solo all'ultimo minuto, quando, ormai di fronte al plotone di esecuzione, arriva il messaggero che comunica la grazia accordata a quei rivoluzionari dallo Zar Nicola I e la condanna all'esilio che il nostro sconterà in galera per ben cinque anni. Nori non lo dice esplicitamente, ma pare proprio che da questa esperienza Dostoevskij esca molto rafforzato nel suo proposito di fare d'ora in poi della letteratura la sua personale arma per portare il popolo russo a guardarsi dentro e a prendere coscienza della propria, infelice, condizione. Sarà dopo il suo ritorno infatti, nel 1853, che usciranno i grandi libri dello scrittore, Delitto e castigo, L'idiota, I Demoni , ai quali si aggiungerà più tardi I fratelli Karamazov che lo consacreranno come uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, capace come nessun altro di indagare il bene e, soprattutto, il male che alligna nell'animo umano se privato della libertà e di una coscienza forgiata dalla cultura. Prima della prigionia e dell'esilio il nostro scrittore aveva dato molte prove di se, addirittura dando vita ad una rivista letteraria insieme al fratello, anch'esso scrittore. Ma sarà solo col libro Povera gente, uscito nel gennaio del 1846 sulla rivista "Annali Patri" che riscuoterà finalmente quel successo che lo scrittore considera, forse troppo precocemente, acquisito una volta per sempre, grazie soprattutto al grande critico Belinskij e al conte Sollogub, anch'esso scrittore, che lo andrà a trovare per congratularsi con lui. ≪Ho notato subito che, per natura, era timido, riservato e orgoglioso, ma pieno di talento e amabile≫, scriverà il conte di quell'incontro. Dostoevskij, visti i tanti elogi che gli arrivarono a proposito di questo indubbio capolavoro, si illuse di aver ormai raggiunto una fama consolidata. Lo scrisse esplicitamente al fratello: ≪Figurati che tutti quelli che sono dalla mia parte, e anche Belinskij, credono che io sia andato ben più avanti di Gogol≫ La vita dello scrittore sarà invece molto più complicata di quello che lui stesso si aspettava. C'entrerà un successo molto meno esplicito toccato in sorte al suo nuovo libro Il sosia, certamente meno efficace rispetto al primo, e su cui si riverseranno le critiche di quelli che avevano storto la bocca all'eccessivo, per loro, successo dell'altro. Ma quella che nel sottitolo del libro di Nori viene chiamata L'incredibile vita di Fёdor Dostoevskij, si rivelerà molto, ma molto più complicata e difficile di quello che il nostro autore si sarebbe potuto aspettare al suo ritorno dall'esilio e dalla fortezza di Omsk nel 1854, dalla cui esperienza trarrà il libro "Memorie della casa dei morti" da cui traspaiono le sofferenze e le rozzezze a cui era stato sottoposto. La vita gli riserverà più di un lutto, con la morte della prima moglie e di una nata figlioletta avuta dalla seconda. Dal carcere si porterà dietro una salute sempre instabile che lo costringe a rincorrere luoghi meno freddi della sua Russia, come quando, in giro per l'Europa, si soffermò a Firenze dove portò a termine L'idiota. Notevole quello che Nori ci ricorda a proposito delle impressioni riportate da Dostoevskij dai suoi viaggi nei paesi europei. "Quando si può fare quello che si vuole? Quando si possiede un milione. La libertà fa ottenere a tutti un milione? No. Che cos'è una persona senza un milione? Una persona senza un milione non è uno che fa tutto quel che vuole, è uno cui fanno tutto quel che vogliono" . Anche la sua attività di scrittore, che amava in sommo grado, lo costringeva tuttavia a notevoli tour de force per riscuotere le rate che gli editori gli riconoscevano capitolo dopo capitolo. "Scrivere per vivere", come intitola un intero paragrafo del suo libro il bravissimo Nori. In tutto questo Dostoevskij ci mette del suo. Nonostante sia stato l'autore di un bellissimo libro dal titolo Il giocatore in cui stimmatizza il vizio che porta alla rovina chi lo pratica, nella realtà non riuscirà a lungo a liberarsi lui stesso da tale dipendenza. Bellissime e amare le pagine che Nori dedica al viaggio dello scrittore con la moglie a Dresda, quando Dostoevskij comincia a tormentare la moglie col ritornello che se fosse stato lì da solo sarebbe andato a giocare alla roulette. Dopo ripetute volte di questo tormentone Anna, la seconda moglie, si arrende ≪E vai≫ gli dice e lui va a Homburg lasciando sola la signora che lo rivedrà dopo molti giorni, senza un soldo e neppure i gioielli che lei gli aveva mandato per saldare i debiti contratti. Prima di concludere meritano di essere citate, tra le tante, le vicende che Nori riferisce riguardo ai rapporti tra Dostoevskij e Tolstoj. ≪Non ho mai incontrato questa persona,≫ scrive Tolstoj ≪ e non ho mai avuto rapporti diretti con lui; e d'un tratto quando è morto, ho capito che era la persona a me più vicina, più cara, più necessaria...Mi è mancata la terra sotto i piedi...e allora mi è stato chiarissimo quanto mi era caro, e ho pianto e piango ancora≫. Ed è ancora Tolstoj che, in risposta ad assurde critiche rivolte al collega scrittore, risponderà con grande decisione: ≪...in questi personaggi così singolari, non solo noi, suoi connazionali, ma gli stranieri, si riconoscono, riconoscono sé, la propria anima. Più si scava in profondità, più si attinge a qualcosa che è comune a tutti≫ Infine, a proposito dell'ambiente di Pietroburgo dove andrà a vivere Dostoevskij al suo ritorno dall'esilio, che è poi lo stesso di Gogol' e di Achmatova, scriverà: "Accanto a certe trattorie da quattro soldi, nei cortili sporchi e maleodoranti delle case della Sennaja, e ancor più nelle osterie, si ammassavano operai e straccioni di ogni genere". E' lì che oggi si trovano i musei della poetessa e del grande scrittore.
Renato Campinoti
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