Ancora una volta gli autori, padre e figlio, riescono, in un libretto agile che non arriva a ottanta pagine, a presentarci una pregevole sintesi del periodo della storia fiorentina che va dalla cacciata di Piero, il figlio ed erede del Magnifico, fino all'avvento del ducato mediceo con Alessandro, ucciso a soli 25 anni dal cugino Lorenzino.
Nella ventina di pagine iniziali in cui tratteggiano la vicenda dello "sfortunato" Piero emergono evidenti le differenze col padre Lorenzo nella capacità di trattare con i potenti e nel carisma, in lui sicuramente molto modesto, verso il popolo fiorentino. Quello che tuttavia viene sottovalutato, a mio parere, sono le condizioni oggettive in cui, alla sua morte, il Magnifico lasciava la famiglia e il rapporto con la città.
Anzitutto il vero e proprio fallimento del banco Medici, che con la sua redditività ai tempi di Cosimo il Vecchio, era stato il vero supporto della capacità dei Medici di primeggiare sulle altre famiglie e costruire quel sistema di potere che si estendeva ai ceti produttivi della città.
A Piero, certamente meno avvezzo a trattare con i potenti, veniva così a mancare la leva principale riconosciuta da tutti. In secondo luogo, con la decisione di Carlo VIII di avventurarsi in una spedizione in Italia con l'intento dichiarato di conquistare il regno di Napoli, si rompeva quell'equilibrio sul quale aveva puntato Lorenzo, sacrificando su questo perfino buona parte del patrimonio familiare.
In tali circostanze era inevitabile che si riaprissero i giochi tra le famiglie più facoltose e ambiziose della città per cacciare prima Piero, per puntare al comando della città poi. Da qui in avanti gli autori si soffermano su coloro che erano stati sotto il giogo dei Medici finché viveva Lorenzo e che ora si atteggiano ai nuovi eroi di una ipotizzata nuova stagione repubblicana, come quel Pier Capponi che straccia gli accordi stipulati da Piero con Carlo VIII, salvo poi firmarli per evitare peggiori conseguenze per la città invasa dall'imperatore.
Ma, come evidenziano i Giannetti, se risulta abbastanza facile unire le forze, sia popolari che degli ottimati, per cacciare Piero, più difficile, per non dire impossibile, è trovare una soluzione in grado di evitare gli scontri tra le fazioni che caratterizzeranno i 18 anni di assenza dei Medici da Firenze. Si assiste così, inizialmente, al prevalere del ruolo di Savonarola che, con le sue prediche, tenta di instaurare in città una sorta di teocrazia ("un ideale forse più divino che umano, ma perseguito con fanatismo e intolleranza") che, quando si scontra col Papa Borgia e con i reali interessi dei più forti ceti cittadini, verrà, nel 1498, processato e messo al rogo in piazza della Signoria, il centro del potere cittadino.
Ancora una volta, tuttavia, gli scontri tra le varie fazioni impediranno il prevalere dell'una sull'altra e la soluzione che viene adottata è quella di nominare Pier Soderini Gonfaloniere a vita, il quale, pur privo di reali doti di governo, rimarrà alla guida della città, barcamenandosi tra i vari potentati, fino al 1512.
È in quella data che i Medici, con Giovanni cardinale e Giuliano, figli entrambi del Magnifico, rientrano in città sotto la protezione del papa Giulio II, al quale succederà Giovanni col nome di Leone X.
Dopo un anno di sostanziale governo da parte di Giuliano, destinato a una morte precoce a causa della tubercolosi, la malattia del secolo insieme alla sifilide, sarà Lorenzo, figlio di Piero e nipote del Magnifico, a svolgere il ruolo di comando in città. Intanto il papato di Leone X, incapace di riformare la Chiesa come chiedono da più parti anche eminenti rappresentanti, soprattutto nell'Europa centrale, è costretto a subire lo scisma di Martin Lutero e la nascita delle chiese protestanti.
L'ultima parte del libro è dedicata alle fortunose vicende che, dopo il papato di Adriano VI, videro salire al soglio di Pietro un nuovo Medici, quel Giulio figlio di Giuliano che prese il nome di Clemente VII e che, con il sacco di Roma a opera dell'imperatore Carlo V re di Spagna e delle sue orde di Lanzichenecchi, fu costretto a subire lo scacco dell'allontanamento dei Medici da Firenze.
Ma il papa Clemente VII, istruito dalla vicenda del sacco, andrà fino a Barcellona per stipulare con Carlo V quel "patto segreto" in base al quale Clemente incoronerà Carlo V come imperatore del Sacro Romano Impero e chiederà in cambio all'imperatore di porre un tremendo assedio a Firenze fino alla resa, la nomina di Alessandro figlio naturale del Papa e sotto la protezione dell'imperatore, come Duca di Firenze, ponendo fine definitivamente alla Repubblica.
Insediato al potere Alessandro, "sentendosi ormai sicuro Signore..., mostrava subito e apertamente la sua vera indole bieca e malvagia".
Come è noto, quando Alessandro, la notte dell'Epifania del 1537 verrà assassinato dal cugino Lorenzino, salirà al potere quel Cosimo I de' Medici, che arriverà a fregiarsi del titolo di Granduca di Toscana.
In sostanza si può dire che Stefano e Vincenzo Giannetti ci mostrano come, prima col potere finanziario della famiglia, poi, approfittando delle divisioni tra le altre famiglie facoltose, col potere dei papi della famiglia, i Medici riuscirono a rimanere fuori dal comando su Firenze solo per diciotto anni degli oltre tre secoli in cui regnarono sulla città.
Renato Campinoti
Renato Campinoti
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