"Per un platano enorme, dal tronco...più grosso di qualsiasi altro albero del giardino e, credo, dell'intera provincia, la sua (di Micòl)ammirazione sconfinava nella riverenza...'Ha quasi coinquecento anni, capisci? Pensa un pò quante ne deve aver viste, di cose, da quando è venuto al mondo!' ". Quello che nessuno aveva fatto in cinquecento anno, verrebbe di pensare leggendo la frase che la figlia dei Finzi - Contini rivolge all'allora giovane autore del romanzo, il fascismo e le legge razziali lo fecero in poco tempo: distruggere una famiglia intera del più alto lignaggio locale e, con essa, mandare in malora una delle più belle case storiche di Ferrara. Ma rileggere di questi tempi un libro come questo di Giorgio Bassani, non è solo apprezzare la qualità letteraria del ricordo e dell'omaggio rivolto, appunto, a quella famiglia e, per quello che lo riguarda, al suo speciale rapporto con la figlia Micòl e col fratello Alberto. C'è, sicuramente, nel libro, una dichiarata volontà di restituire alla loro reale vita, cultura, sensibilità, quei personaggi che, di fronte al divieto per gli ebrei di frequentare i circoli ricreativi e sportivi (compreso quello del tennis cui apparteneva anche Bassani) decidono di superare il loro peroverbiale riserbo e aprono le porte del loro"giardino" (che è poi una tenuta di diversi ettari di verde, di bosco e di acque) a un gruppo di giovani che possono così ricreare un ambiente sia sportivo che sociale. Ma quello che davvero ci consegna, di fronte all'orrore che continua a percorrere il nostro piccolo mondo, mai sazio delle proprie nefandezze, è la lezione più grave di tutte: quando il potere perde la testa e va oltre la stessa supremazia tra le classi sociali ( e ce ne era da vendere durante il fascismo!) per diventare razzismo e, in questo caso, antisemitemismo allo stato puro. Non si spiega diversamente la stupida e feroce malvagità di un potere che porta prima in galera e poi nei forni crematori del nazismo, perfino famiglie di una ricchissima e colta borghesia, vanto, per altri versi, della stessa città di Ferrara. La qualità del romanzo e la sua continua fortuna presso le varie genrazioni è data proprio dalla accurata descrizione che delle caratteristiche tipiche di una famiglia borghese di antica generazione e attenta perfino ai dettagli che ne qualificano il suo rango speciale, riesce a farne Giorgio Bassani. Rimangono in mente quelle attenzioni da collezionista speciale che Micòl descrive all'autore quando gli enumera ciò che è presente nella sua camera, quegli oggetti (i Làttimi, come li chiama lei) frutto delle sue ricerche per le calle veneziane dove abitano i parenti della famiglia. Per non parlare della cura degli arredi che Ermanno, il padre, descrive quando permette all'autore di studiare nella biblioteca, attigua al suo studio, fatti fare da un artigiano del luogo, ripresi dalle più significative riviste del momento. "Li ho copiati un pò da Domus e da Casabella, e un pò da Studio, sai quella rivista inglese..." Ma la cosa che lascia più affascinati di tutto è la ricchezza, la storicità e, insieme, l'attualità della ricchissima biblioteca della famiglia Finzi - Contini, che permette a Bassani, cacciato in quanto ebreo da quella pubblica, di svolgere agevolmente in questa, che Ermanno gli mette orgogliosamente a disposizione, i suoi studi per laurearsi sui poeti contemporanei. A fronte di tutto questo perfino la passione amorosa dell'autore per la coetanea Micòl, che sarà destinata ad esaurirsi negli anni che separano le vicende di fine 1938 (le leggi razziali) all'arresto, nel 1943, di tutta la famiglia, perde la sua importanza centrale per il lasciare il passo, appunto, all'enormità del crimine perpretato dal fascismo alleato al nazismo Hitleriano. E' vero che l'autore mette in premessa la trsite vicenda della famiglia. Tuttavia, dopo la raffinata e attenta descrizione che il romanzo ci fa della famiglia e dei singoli personaggi, alla chiusura dello stesso si rimane con un forte senso di sgomento e di incredulità per l'assurda, inutile e drammatica ferocia di quei regimi, che vorremmo, con tutto il cuore, non vedere mai replicare.
Renato Campinoti
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